Il Test di Turing e la Spiegabilità!
“Si misura l'intelligenza di un individuo dalla qualità d'incertezze che è capace di sopportare.”
Immanuel Kant
“Le macchine mi colgono di sorpresa con grande frequenza.”
Alan Mathison Turing
La capacità da parte di una macchina di esibire un comportamento intelligente è, ad oggi, uno degli argomenti più affascinanti, discussi e anche meno compresi! Per provare a fare chiarezza, rimanendo pur sempre nell'ambito di una trattazione introduttiva, dobbiamo partire dal genio indiscusso di Alan Turing, uno dei padri del calcolatore moderno, e del suo iconico test, pubblicato nel 1950 sulla rivista Mind, dal titolo: Computing machinery and intelligence. L'idea è semplice quanto provocatoria: se una macchina può imitare una conversazione umana al punto da ingannare un giudice umano, possiamo dire che pensa? Per decenni, questo test è stato un po' il faro per l'Intelligenza Artificiale, un obiettivo indispensabile da raggiungere se si vuole dimostrare la vera intelligenza delle macchine.
Ma fermiamoci un attimo per riflettere se questo test, nato in un contesto un po' datato, non ci stia portando fuori strada nella comprensione di cosa significhi davvero intelligenza artificiale! L'articolo che abbiamo citato presenta un dettaglio curioso, e forse problematico, del gioco dell'imitazione che veniva proposto, in origine, per distinguere un uomo da una donna tramite telescrivente! In sostanza Turing sembrava presupporre che ci fossero differenze distinguibili nel modo di comunicare tra uomini e donne, differenze che un computer avrebbe dovuto imparare a imitare per superare il test.
Ora, alzino la mano coloro che credono fermamente nell'esistenza di differenze fondamentali tra la mente di un uomo e quella di una donna che possano manifestarsi chiaramente attraverso un testo! Non molti... Oggi sappiamo che le differenze di genere (quando esistono e sono misurabili) sono spesso sfumature culturali, sociali, e via discorrendo, per cui basare un test di intelligenza artificiale su questa distinzione un po' traballante, sembrerebbe un punto di partenza piuttosto discutibile.
Se, quindi, le differenze uomo-donna sono irrilevanti per definire l'intelligenza (e probabilmente lo sono, almeno nel contesto del test di Turing), allora il test stesso perde già un po' del suo fascino originario. Non stiamo più cercando di imitare qualcosa di specifico legato al genere, ma semplicemente l'umanità in generale. E qui, la faccenda si fa più interessante, e ci porta al cuore della questione: la spiegabilità.
Superare il Test di Turing è solo fumo e specchi se ci fermiamo all'imitazione superficiale. Una macchina che ci inganna in una chat può essere bravissima a simulare l'intelligenza, ma questo non significa che comprenda davvero o che ragioni come noi. Il vero salto di qualità, la vera cartina al tornasole dell'intelligenza artificiale, è la spiegabilità. Non basta che una macchina faccia cose intelligenti, deve essere in grado di spiegare perché le fa. E non solo a noi umani curiosi, ma anche a se stessa!
Immaginate un algoritmo che vi consigli un investimento. Supera il Test di Turing, vi convince con parole suadenti. Ma se gli chiedete "Perché proprio questo investimento? Qual è la logica che c'è dietro?", vi risponda con un vago "Perché sì, mi sembra buono". Vi fidereste? Probabilmente no. Ora immaginate un algoritmo che, invece, vi snocciola un ragionamento chiaro, preciso, basato su dati, analisi e una catena logica trasparente. Questo è un algoritmo spiegabile ed è il vero obiettivo per un'AI che aspiri a qualcosa di più della semplice imitazione.
Va da se che la comprensione di un argomento è caratterizzata da uno spettro più o meno esteso e da più livelli di Spiegazione che vanno dal Dare Significato (catalogare informazioni) all'Empatia Completa (la comprensione profonda e intuitiva), dove ad ogni livello di comprensione corrisponde uno specifico livello di spiegabilità. Riepilogando occorre saper Spiegare cosa è successo, attraverso la catalogazione di eventi; Spiegare perché è successo, quali aspettative sono state violate, quali ragionamenti sono stati seguiti. E il Sacro Graal, forse irraggiungibile per le macchine, Spiegarlo in base a esperienze personali, valori, emozioni, mostrando una comprensione profonda e contestualizzata.
La spiegabilità non è solo un esercizio di stile per farci sentire più tranquilli con le macchine. È fondamentale per avere un'AI affidabile, trasparente, migliorabile e davvero intelligente. Capire come un algoritmo decide aumenta la fiducia e permette di usarlo in contesti critici senza più scatole nere! Analizzare le spiegazioni ci aiuta a identificare errori, bias cognitivi e aree di miglioramento negli algoritmi, diventando un motore di apprendimento, sia per noi che per le macchine.
Il Test di Turing ha avuto il suo momento di gloria, ma forse è ora di guardare oltre. Non basta più inseguire l'illusione dell'imitazione perfetta e non occorre chiedere alle macchine di fingere di essere umane, ma di diventare intelligenti in un modo che possiamo capire, valutare e migliorare. Perché, alla fine, la vera intelligenza non è solo fare, ma capire e spiegare perché si fa. E questa è la sfida più brillante e umana che l'AI ci pone oggi.
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