Solo una farfalla? Riflessioni sull’uso dell’AI nella co-creazione di opere


“L'ispirazione è la scintilla che fa battere l'anima, molto simile alle delicate ali di una farfalla”


      Sia la frase che trovate sopra sia il gioiello in figura le ho create con l’ausilio dell’AI, detto questo sarete curiosi di sapere in quale misura l’intelligenza artificiale ha influenzato il risultato. In altre parole, quale parte del merito posso attribuirmi per il risultato ottenuto? Utilizziamo questo esempio per ragionare insieme di creatività naturale ed artificiale.

      Prima di procedere, una doverosa premessa per chi non mi conosce: mi occupo di Intelligenza Artificiale da oltre trent'anni, ho mosso i primi passi da adolescente catturato dalla scintilla della programmazione e dalla fascinazione per gli algoritmi, quindi ho studiato Cibernetica presso la facoltà di Fisica dell'Università di Napoli e da allora ho fatto della mia passione una professione, utilizzando quotidianamente questa tecnologia sia in ambito IT che artistico.

      Per chi, come noi, si occupa di Intelligenza Artificiale, gli ultimi due anni sono stati incredibilmente tumultuosi. Quella che un tempo era una disciplina dall'uso limitato, anche a causa delle ingenti risorse computazionali necessarie, è diventata estremamente accessibile. Da mesi, il mondo non parla d'altro, e sia gli esperti che i neofiti ne discutono costantemente. Ogni giorno vengono annunciati nuovi algoritmi da sperimentare, e devo confessare che si stanno ottenendo risultati fino a pochi anni fa considerati inimmaginabili, persino dagli addetti ai lavori. Il livello degli investimenti e la concorrenza agguerrita lasciano presagire che il trend di crescita continuerà per un periodo considerevole.

      Le esperienze individuali, come emerge dai media, risultano estremamente contrastanti e divisive, specialmente quando si discute di queste tecnologie utilizzate per la produzione creativa. Qui desidero condividere la mia esperienza personale.

      Innanzitutto due considerazioni, la prima riguarda l’origine del termine cibernetica, che deriva dal greco kybernetes ovvero timoniere o governante, riflettendo l'attenzione della disciplina sulla autoregolazione e il controllo dei sistemi. Questo è a mio avviso un primo punto cruciale che dobbiamo sempre tenere presente. La seconda riflessione riguarda la distanza tra arte (nel senso più ampio del termine) e tecnologia che è diventata sempre più sottile e rarefatta.

      Pertanto, creatività e controllo emergono come pilastri fondamentali nell'esperienza co-creativa con l'IA.

      Diciamo subito che per ottenere risultati non casuali e di elevata qualità è necessario possedere un ottimo grado di conoscenza delle caratteristiche del mezzo e competenze avanzate nel controllo dei processi. È essenziale saper stressare gli algoritmi e utilizzare in modo sinergico più tecnologie, sfruttando di ognuna i punti di forza.

      È fondamentale essere estremamente critici ed esigenti, evitando di lasciarsi abbagliare dai primi risultati. Soprattutto, occorre resistere alla trappola dell'effetto wow che uno strumento così efficace e rapido inevitabilmente può generare. Dato che l'input è sempre testuale, è altresì essenziale prestare attenzione all'appropriatezza linguistica. Ça va sans dire, è indispensabile avere un'idea molto precisa di ciò che si vuole sviluppare.

      Utilizziamo i termini Intelligenza artificiale, agenti creativi, per riferirci ad algoritmi addestrati su un’ampia porzione di scibile umano e capaci di riprodurre e combinare elementi in modo acritico che danno l’illusione della creatività ma in realtà sono creativi solo nella misura in cui è creativo chi l’utilizza, altrimenti si ottiene un semplice collage di déjà vu, privo di vera innovazione.


      L'illusione della creatività sorge dalla totale assenza di ragionamento e valutazione di plausibilità, permettendo la generazione di infinite combinazioni di forma, colore e contesto nel caso delle immagini, e analogamente di pensieri e frasi nel caso dei testi. Sebbene tali risultati possano certamente stimolare la fantasia e suscitare idee creative nel fruitore, è importante sottolineare che non possiedono intrinsecamente una vera creatività. In realtà, dipendono interamente dall'input e dall'utilizzo sagace dell'utente per acquisire un valore autenticamente innovativo.

      Il vantaggio incommensurabile di questa tecnologia risiede nella capacità di ottenere rapidamente e in modo piuttosto preciso ogni tipo di stile, sia nel caso dei testi che delle immagini. Anche di fronte a un input approssimativo, si generano in un istante un'ampia gamma di risultati plausibili. Tuttavia, spetta all'uomo il compito di selezionare i risultati più convincenti, rafforzare l'idea e intervenire fino a ottenere un elaborato che l'utente-regista giudica valido. L’AI si presenta come un assistente formidabile solo quando utilizzata in modo consapevole; senza una guida critica e competente, può risolvere solo problemi superficiali, ma non è in grado di produrre risultati originali. È per questo che ritengo più appropriato parlare di agenti co-creativi.

      Paradossalmente, l’AI utilizzata a scopi creativi, si apprezza maggiormente quando si ottengono risultati imperfetti. È proprio quel divario di manchevolezza che l'umano dovrà colmare a rendere questo strumento genuinamente utile per gli scopi creativi. Dalla mia esperienza personale, ho notato che quanto più l'AI opera in modo impeccabile, fornendo risultati molto precisi, completi e coerenti con le aspettative, tanto più perde di stimolo e utilità. In questo contesto, torna cruciale il controllo e la possibilità di stabilire i livelli di performance desiderati.

      Lavorare con gli agenti creativi per raggiungere un obiettivo di un certo livello, attraverso metodo e determinazione, a mio giudizio, apre considerevolmente la mente. È soprattutto dai fallimenti e dalle imprecisioni del sistema che scaturiscono pensieri inediti e lo sviluppo delle proprie competenze. Questo processo aiuta a crescere e a orientarsi verso soluzioni e pensieri innovativi. La necessità di guidare il processo verso risultati rigorosi ci costringe a un livello di analisi e approfondimento elevato, con una critica attenta su ogni dettaglio e un'analisi puntuale dei risultati, che, allo stato dell'arte, sono spesso incompleti o imprecisi per un utente esigente. In questo contesto, l'esercizio tra prove ed errori si traduce in una crescita sia in abilità che in creatività grazie alla moltiplicazione delle esperienze.


      Concludo citando alcune considerazioni di Lamberto Maffei, già direttore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR e Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, circa il ruolo del pensiero rapido e del pensiero lento nel processo creativo.

      “L’atto creativo non nasce ovunque ma, occorre un terreno propizio come è quello di una mente libera, senza pregiudizi, con il dono dell’entusiasmo e della meraviglia, che sappia trattenere le sue molte idee come cavalli alla partenza in attesa del segnale”

      “Le intuizioni sono rapidissime ma il lavoro temporale delle associazioni che si presentano alla mente prima di concretizzarsi nella nuova idea può essere assai lungo. L’intuizione dunque è il frutto di un pensiero rapido ma in diretta connessione con il pensiero lento. L’intuizione senza la verifica sperimentale o logico-razionale operata dal pensiero lento, resta sogno e non si reifica. Il pensiero lento senza l’innesco dell’intuizione diventa pigro e improduttivo.”

      “Per ottenere un lavoro mentale compiuto sono necessari tre passaggi: la fantasia che guida le libere associazioni della mente, l’immaginazione che le concretizza ed il pensiero razionale che le analizza e le verifica applicando logica, misura e metodo sperimentale.”

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