LOW - Camera Grammar Exercises - 2


“Non si vive in uno spazio neutro e bianco; non si vive, non si muore, non si ama nel rettangolo di un foglio di carta. Si vive, si muore, si ama in uno spazio quadrettato, ritagliato, variegato, con zone luminose e zone buie, dislivelli, scalini, avvallamenti e gibbosità, con alcune regioni dure e altre friabili, penetrabili, porose. Ci sono le regioni di passaggio, le strade, i treni, le metropolitane; ci sono le regioni aperte della sosta transitoria, i caffè, i cinema, le spiagge, gli alberghi, e poi ci sono le regioni chiuse del riposo e della casa. Ora, fra tutti questi luoghi che si distinguono gli uni dagli altri, ce ne sono alcuni che sono in qualche modo assolutamente differenti; luoghi che si oppongono a tutti gli altri e sono destinati a cancellarli, a compensarli, a neutralizzarli o a purificarli. Si tratta in qualche modo di contro-spazi. I bambini conoscono benissimo questi contro-spazi, queste utopie localizzate. L’angolo remoto del giardino, la soffitta o, meglio ancora, la tenda degli indiani montata al centro della soffitta, e infine – il giovedì pomeriggio – il grande letto dei genitori. E’ in quel letto che si scopre l’oceano, perché tra le sue coperte si può nuotare; ma quel letto è anche il cielo, perché nelle sue molle si può saltare; è il bosco perché ci si può nascondere; è la notte, perché fra le sue lenzuola si diventa fantasmi; ed è il piacere, perché al ritorno dei genitori si verrà puniti.”
M. Foucault

“Non c'è piacere più complesso del pensiero.”
J. L. Borges

“Quale scrittura inventare perché tu riconosca il mio desiderio (il mio corpo, il mio gesto, la mia voce, il mio respiro) attraverso la matrice e il codice dell'altro?”
J. Derrida

“È notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti. E anche la mia anima è il canto di un amante. In me è qualcosa d'inappagato e d'inappagabile: vuole prender voce. Una brama d'amore è in me che parla la lingua dell'amore.”
F. Nietzsche

      Questo lavoro è un concentrato di fotografie insolite! Nasce dal desiderio di realizzare immagini basate su regole formali ben definite: una specie di grammatica visiva in grado di concatenare cose come volti, statue, colonne, nastri di seta, foglie e formiche… con un insieme di regole sulle luci, le ombre, i contrasti, i chiaroscuri, la composizione della scena… in modo da provare a dar forma a due entità della stessa natura: fotografia e linguaggio. C’è ancora una questione: ogni immagine è caratterizzata dalla presenza di curiosi “tentacoli” in grado di concatenare tra loro più foto a partire da un gruppo di relazioni che danno origine ai rispettivi polittici di questa collezione. Così, come in linguistica un periodo è usato per organizzare il testo e comunicare idee complete, allo stesso modo in questo lavoro il polittico sarà la risultante dell’intenzione e dell’interpretazione che si vuole trasmettere.

      Ma procediamo con ordine: la genesi di questi “esercizi di grammatica fotografica” risale alla mia esperienza universitaria quando occupavo le giornate tra lo studio dei sistemi formali, le opere di Borges e la stampa in camera oscura. Per i più curiosi, dovrei aggiungere tra i miei passatempi preferiti anche i giochi linguistici, dai quali è scaturito proprio il titolo di questo lavoro. Nell’accezione più comune LOW potrebbe alludere al fatto che tutte le immagini presenti in questa collezione sono caratterizzate da toni bassi, scuri, potrebbe però riferirsi anche a qualcosa di debole, scarso, fragile, basso… LOW appunto! Dovrò avvisare il lettore che prima di giungere a questo titolo ho immaginato diversi acronimi che potessero offrire un’idea, seppur vaga, sulla natura di questo lavoro. Tale divagazione va comunque vista come un semplice esercizio di riscaldamento prima di tuffarsi nel mare aperto della creatività. Ma ecco a voi una piccola lista dei possibili acronimi che potrebbero accompagnare il senso di questi curiosi esercizi fotografici:

L.A.M.E. - Low Assertiveness Mathematical Environment
L.I.T.E. - Limited Intensity Theoretical Expanse
L.O.W.E.R. - Lessened Order Weakness & Emptiness Regime
L.E.A.N. - Limited Efficacy Abstraction Nexus
L.O.S.T. - Low Order Systemic Threshold
L.I.G.H.T. - Lacking Intensity in Generalized Hierarchy Theory
L.O.W. - Limited Order Weakness

      L’ultimo, il più corto, è proprio LOW, inteso anche come possibile acronimo di una generale Debolezza degli Ordini Limitati: una discreta sintesi di quest’opera. Va ricordato che qualunque sia il modo attraverso cui rivolgiamo gli occhi al mondo, dobbiamo sempre essere consapevoli dei suoi limiti invalicabili. Qualsiasi costruzione che punti ad eliminare disordine dalla realtà non potrà che farlo in modo limitato, parziale e precario. Ecco perché quest’opera si annuncia in punta di piedi, predilige una luce soffusa, a volte ai limiti del visibile, lasciando intendere ciò che viene rappresentato come un mare arcano e profondo, come la punta di qualcosa di variegato e insondabile.
      L’elemento centrale di questa sorta di linguaggio fotografico formale si snoda attorno al vasto concetto di relazione, caratterizzato dalla connessione, associazione o interazione tra elementi all'interno di uno stesso sistema strutturato di regole. Questi elementi possono essere simboli, parole, blocchi di immagini e altro a seconda del contesto. In un linguaggio formale, a rigore, esistono diversi tipi di relazioni che giocano un ruolo cruciale nell'organizzare e definire la struttura delle espressioni all'interno di quel linguaggio. Quella che segue è una rapida e incompleta carrellata di esempi:
Relazione di derivazione: indica come una generica sequenza di simboli (“stringa”) può essere generata a partire da simboli di partenza applicando regole di produzione.
Relazione di equivalenza: indica che due espressioni sono equivalenti in base alle regole della grammatica formale, cioè rappresentano lo stesso significato o valore all'interno del linguaggio.
Relazione di riduzione: si riferisce al passaggio da una sequenza di simboli complessa ad una sua forma più semplificata o ridotta.
Relazione di accettazione: indica se una determinata stringa appartiene al linguaggio definito dalla grammatica che può accettarla o rifiutarla in base alle sue regole di transizione.
Relazione di concatenazione: indica come le stringhe vengono concatenate tra loro secondo le regole del linguaggio.
Relazione di struttura: definisce come le parti di un'espressione si relazionano tra loro in base alla propria struttura grammaticale.
      Ogni tipo di relazione svolge così un ruolo specifico nell'organizzazione delle espressioni e nel definire il significato delle costruzioni all'interno del linguaggio formale. E’ adesso ora di tornare al mondo delle immagini per cercare di trasporre in maniera più “artistica” tutte le precedenti considerazioni. Da arguto quanto improvvisato filosofo, mi sono avventurato con entusiasmo in questa disquisizione sull'ardua questione se la fotografia possa essere considerata o meno un linguaggio. L'artista, con il suo ingegnoso intreccio di immagini, può senza dubbio creare un sistema di relazioni che evoca una sorta di grammatica visiva. D'altro canto la scelta di accostare determinate fotografie, di giocare con la luce, i colori, le inquadrature e le composizioni, suggerisce un percorso narrativo, un'idea, un'emozione. In questo senso, si potrebbe quindi affermare che l'artista stia tentando di costruire proprio un linguaggio, seppur non formalizzato, con le sue peculiarità e la sua intrinseca coerenza. Sul fronte opposto la fotografia si discosta, invece, dal linguaggio per alcuni aspetti: manca di un sistema di simboli riconosciuto universalmente, dal momento che il suo significato può variare in base all'interpretazione soggettiva del fruitore. Inoltre le immagini possono essere ambigue, polisemiche e prestarsi a numerosi fraintendimenti. Infine sono fortemente dipendenti dal contesto, essendo il significato di un'immagine influenzato dalla cultura, dalla storia e dalle esperienze personali del fruitore. In definitiva, la questione se la fotografia possa essere considerata un linguaggio vero e proprio rimane aperta. Tuttavia, l'opera dell'artista ci dimostra che le immagini possono essere utilizzate per comunicare idee complesse e costruire narrazioni evocative grazie al suo potente impianto comunicativo. Forse, più che di un linguaggio formalizzato, potrebbe essere corretto parlare di un "linguaggio in divenire", un terreno fertile per la sperimentazione, dove le immagini si affrancano dalla mera rappresentazione del reale per assumere un ruolo di narrazione e introspezione psicologica. In conclusione, la fotografia non è un linguaggio come il verbo o la scrittura, ma possiede comunque la capacità di creare un dialogo potente tra le cose.
      Ma allora quale ruolo potranno mai avere le relazioni in un lavoro come questo? Jorge Luis Borges nel suo celebre racconto: “L’idioma analitico di John Wilkins” propose una stravagante classificazione dell’Emporio celeste di conoscimenti benevoli (una curiosa enciclopedia cinese) che colpì, fra gli altri, Michel Foucault, il quale la indicò come ispirazione del suo saggio: “Le parole e le cose”. Cito testualmente: “Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all’Imperatore, (b) imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s’agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche”. Questa superbo esempio di letteratura fantastica è proprio l’anello di congiunzione che cercavo per dar vita (artistica) al mio personale gruppo di relazioni che, finalmente, passo a presentarvi ufficialmente:
Relazioni per prossimità: contigue, sovrapposte e intrecciate come amanti o soci in affari.
Relazioni che si sfiorano, come due sconosciuti che leggono gli stessi versi.
Relazioni parallele: quelle che non si incontrano mai, ma condividono lo stesso percorso.
Relazioni cicliche: come le stagioni che si susseguono o le maree che si alternano.
Relazioni effimere: come i riflessi sulla superficie dell’acqua o le ombre al tramonto.
Relazioni radicate: come gli alberi secolari che crescono in un’antica foresta.
Relazioni labirintiche: complesse, intricate, dove il percorso è un mistero.
Relazioni speculari: come due specchi che si riflettono all’infinito.
Relazioni trasformative: che cambiano le persone come un viaggio in un paese lontano.
Relazioni invisibili: che esistono solo negli sguardi e nei silenzi.
Relazioni affini: simili come due gocce d’acqua, complementari o analoghe.
Relazioni transitorie: effimere come un incontro fugace, temporanee o eterne come una promessa infrangibile.
      E adesso che le premesse ci sono davvero tutte, una buona visione a tutti con questo concentrato di fotografie insolite il cui primo polittico è dedicato alle relazioni per prossimità: contigue, sovrapposte e intrecciate come amanti o soci in affari. In questa prima catena di eventi visivi una curiosa fila di formiche passeggia su un nastro di seta bianca, avvolto tra i rami spogli di un glicine. Le formiche sono una straordinaria metafora per descrivere quell’insieme di azioni o attività che devono essere eseguite in un ordine preciso per poter ottenere il risultato desiderato in modo sistematico. Nel metaforico incedere, incontreranno sul loro immaginario cammino una statua classica che sembra fatta di pietra e seta. Così come l’occhio della statua è oscurato da una fitta ombra, allo stesso modo anche il capitello di una delle due colonne resta nascosto sotto un lungo velo, lasciando scoperte solo le mani di una curiosa figura che sembrano voler accostare al proprio corpo, come figli, due grosse tartarughe. Sono così ben radicate al terreno da sembrare quasi i piedi di una statua di bronzo, dalla quale si diparte, nuovamente, un nastro di seta bianco che avvolge lo spoglio ramo di un glicine su cui si è posata, pronta a riprendere il volo, una graziosa colomba. E’ proprio vero che le formiche arrivano ovunque: sono già pronte a suggerire un nuovo inizio, un nuovo intricato percorso o, semplicemente, una successiva serie di immagini sul tema delle relazioni che sono al centro del rapporto tra fotografia e linguaggio!
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