Artescienza


“Un giuoco poteva, per esempio, prendere le mosse da una data configurazione astronomica o dal tema di una fuga di Bach o da una tesi di Leibniz o dalle Upanishad, e da questo tema, a seconda delle intenzioni e dell’ingegno del giocatore, l’idea conduttrice che ne era evocata poteva o continuare e ampliare la sua espressione o arricchirla con reminiscenze di idee affini.”
H. Hesse, Il giuoco delle perle di vetro

      Signore e signori benvenuti in questo breve pamphlet il cui titolo prende il nome da una rubrica tenuta da Alimberto Torri1 e che esaminerà le possibili relazioni esistenti tra l’Arte e la Scienza. Partiamo dunque con una prima semplice classificazione che non ha nulla a che vedere con le stravaganti enciclopedie cinesi care a J.L. Borges:
  1. Ricerca scientifica influenzata dall'arte: Scienziati che incorporano approcci artistici nella loro ricerca per promuovere la creatività, la comunicazione o l'ispirazione, o per affrontare problemi scientifici in modo diverso.
  2. Educazione e divulgazione: Programmi educativi o iniziative di divulgazione che utilizzano approcci artistici per rendere la scienza più accessibile, coinvolgente e comprensibile al pubblico.
  3. Sviluppo di comunità interdisciplinari: La creazione di un ambiente in cui artisti e scienziati possono collaborare, condividere idee e approfondire la loro comprensione reciproca.
  4. Filosofia dell'arte e della scienza: La filosofia può essere utilizzata per esaminare concetti fondamentali relativi alla creazione artistica e alla ricerca scientifica. Si possono esplorare domande sulla natura della creatività, sulla rappresentazione della realtà e sulla ricerca della verità.
  5. Analisi critica: Gli studiosi e i critici d'arte possono analizzare opere d'arte che incorporano elementi scientifici o temi scientifici. Questa analisi può evidenziare come l'arte riflette o critica le idee scientifiche, oppure come utilizza la scienza come fonte di ispirazione.
  6. Creazione artistica basata sulla scienza: Artisti che utilizzano principi scientifici, dati o tecnologie come parte integrante del loro processo creativo per esplorare temi scientifici o per comunicare in modo innovativo idee scientifiche al pubblico.
  7. Interdisciplinarietà: Una modalità comune per esplorare la relazione tra arte e scienza è attraverso l'interdisciplinarietà. Artisti e scienziati possono collaborare per creare opere d'arte che incorporano principi scientifici o per condurre esperimenti che coinvolgono l'arte. Questa collaborazione può portare a nuove prospettive e approcci innovativi.
  8. Esplorazione delle connessioni concettuali: Studi teorici o filosofici che esaminano come le idee e le pratiche artistiche possono interagire con la ricerca scientifica e viceversa.
  9. Studi storici: La storia dell'arte e la storia della scienza possono essere studiate in parallelo per comprendere come le idee scientifiche e le innovazioni tecnologiche hanno influenzato l'arte nel corso dei secoli. Ad esempio, l'arte rinascimentale è stata profondamente influenzata dagli sviluppi scientifici dell'epoca.

      Ho volutamente fatto in modo che la prima lettera di ognuno dei precedenti punti formasse le due parole latine RES FACIES, forzatamente tradotte con un ASPETTO DELLA MATERIA che vogliamo approfondire, attraverso un esperimento mentale, in compagnia di un ignaro marziano che si fosse appena messo in ascolto, allo scopo di perorare quanto robuste siano le precedenti argomentazioni. In effetti il significato di Arte e Scienza estrapolato a partire dalla serie di relazioni precedenti appare quanto meno vago e generico. Per cui investigare su possibili interazioni tra questi due differenti domini della conoscenza umana potrebbe apparire un vano ricercar2: infatti se l'arte è una qualsiasi forma di attività umana come riprova o esaltazione del talento e della capacità espressiva, la scienza è, al contrario, qualcosa di ancora più vago e impalpabile, ai limiti della stessa esistenza, esistendo infatti solo un "metodo” scientifico e non la "scienza”. Meglio allora rinunciare fin da subito ad un'impresa che si annuncia troppo generica o dai contorni incerti, provando invece a spostare l’attenzione sul singolo concetto di artescienza che potremmo intanto iniziare a collocare nell'universo delle chimere, dei sogni o delle utopie3 ma che si presenterebbe pur sempre come un ente4 dai contorni già più nitidi e definiti. In questa visione possiamo quindi cominciare a delineare una prima definizione approssimativa di artescienza come una metodologia scientifica, rigorosa che instaura una relazione precisa con quelle attività umane a riprova o esaltazione del talento e della capacità espressiva. Per dare contezza a tale procedimento si cercherà quindi di presentare qualche esempio concreto di artescienza, sfiorando fin dove possibile le prime evidenti interazioni che si palesano tra metodo5 e creatività.

La metafora degli angeli

      Attraverso un lavoro artistico realizzato a partire da un gioco incrociato di immagini, si proverà adesso a suggerire qualche interpretazione tra due entità, apparentemente in opposizione, che si presentano come irriducibili: sto parlando di un insieme di coppie di angeli che ho chiamato, rispettivamente, angelo nascosto e angelo della bellezza. L’angelo della bellezza è una sorta di rappresentazione della realtà, un primo livello fenomenico dove le cose si danno secondo criteri anche fallaci o di parte, nascondendo dietro una parvenza di falso candore, di perfezione, vere e proprie trappole tese a nostro danno. Alcuni aspetti della società contemporanea si possono facilmente ascrivere ad un comportamento di questo tipo, di esempi specifici se ne potrebbero, purtroppo, trarre tanti. Soltanto per mezzo di una visione più relativizzata della realtà e un'azione più definita della ragione, unita ad una maggiore volontà, possiamo liberarci da alcuni dei precedenti pregiudizi: in questo consiste la figura dell’angelo nascosto, una guida preziosa che ci accompagna e ci sprona ad aprire il nostro sguardo, silenziosamente, lungo prospettive meno scontate. Non resta dunque che muoverci sull’orlo tracciato da queste due visioni contrapposte, tenendo conto che nessuna delle due alternative si da mai in modo netto, c’è sempre una qualche leggera oscillazione che ci fa flettere, più o meno, in una delle due contrapposte direzioni.

Le immagini degli angeli

      Premessa fatta possiamo ora concentrarci su alcune immagini fotografiche di queste figure or ora presentate, dal momento che vogliamo esaminare con una sorta di lente non solo il significato di questo lavoro ma anche quel particolare legame tra metodo e creatività. Cominciamo dunque col sezionare analiticamente queste immagini a partire da una propedeutica distinzione tra fotografia e fotografico. Ciò che si pone di fronte al nostro sguardo sembrerebbe non necessitare di una simile distinzione dal momento che sia la fotografia che il fotografico si presentano allo stesso modo ed entrambi sotto mentite spoglie! La fotografia che si offre come una verità è soltanto una descrizione precisa, un’operazione sintattica e non semantica della realtà. Il fotografico invece ne è la scorza: la modalità con cui l’immagine appare al nostro sguardo, ovvero quell’insieme di forme, colori, chiaroscuri, granulosità, contrasto, nitidezza e via dicendo. Attenzione che ho volutamente usato il termine immagine nel riferirmi al fotografico dal momento che il fotografico può essere originato sia da una fotografia che da una anti-fotografia, ovvero un dispositivo non necessariamente nato a partire dall’applicazione di regole di ottica geometrica. Adesso dal momento che nell'ambito dell’arte concettuale ciò che vogliamo portare avanti è l’idea (nello specifico la metafora degli angeli), eccoci dunque giunti ad uno spaccato sul mondo del tutto coerente con quanto si potrebbe guardare attraverso gli scatti realizzati con una tradizionale fotocamera da un fotoreporter, pur nella consapevolezza però che quanto stiamo vedendo nella realtà non esiste da nessuna parte. I luoghi non sono collocabili in nessuna posizione geografica precisa, non è riconducibile l’identità anagrafica delle persone raffigurate o la disponibilità concreta di arredi e particolari visibili in queste anti-fotografie. Dunque, in sintesi, abbiamo un’idea in qualche modo più reale di quanto queste foto seppur irreali ci mostrano, dal momento che ci parlano di quelle circostanze in cui ci sentiamo da un lato ingannati da qualcuno che si presenta in modo lodevole, dall’altro rincuorati dalla giostra della fantasia che ci aiuta a leggere il mondo in maniera più trasgressiva e disincantata. L’aspetto metodologico consiste allora nel ricreare proprio questa condizione di plausibilità il cui scopo è di aiutarci a comprendere il mondo attraverso uno sguardo più limpido (sempre che si sappia o si voglia fare lo sforzo di interpretare questi simboli). In altre parole visto che la fotografia si configura, secondo schemi sociali consolidati, come attestazione di un documento (al punto da considerarla universalmente credibile quando apposta sulla carta di identità) ciò che mostrano le foto degli angeli sono anche un documento su come funziona quella piccola parte di mondo raffigurato. Detto altrimenti sono come una specie di teorema ovvero un procedimento (in linea di principio completamente meccanizzabile) che a partire da una serie di assiomi (angeli, oggetti, campi di grano, nuvole, sedie e ruderi) e da un insieme di regole di produzione (quelle create a partire dalle regole di coerenza del fotografico) assemblano una serie di dimostrazioni proprio come se si trattasse di una teoria su una legge di natura.
      Così facendo abbiamo lasciato un po’ dietro le quinte la componente scientifica, ovvero abbiamo ritenuto superfluo considerare come interessante un rapporto “alla pari” tra arte e scienza, ci siamo anche liberati da uno specifico contesto scientifico, visto che qualsiasi attività umana è sempre riferibile a qualcosa di specifico: che si tratti di scienza, di storia o di cartomanzia non aggiunge nulla né al dominio dell’arte e neppure a quello della scienza o della cartomanzia. Al contrario la metodologia illustrata ha permesso invece di creare un’opera più rigorosa ai fini del significato che l’autore voleva trasmettere. Fin qui ci siamo però soffermati solo su come la componente scientifica influenza la produzione artistica, passiamo adesso al viceversa, ovvero come potrebbe incidere sulla creazione o costruzione di una teoria scientifica un approccio più artistico. A questo proposito vorrei citare brevemente un famoso esperimento realizzato dai fisici Michelson e Morley che ha messo in dubbio l'esistenza dell'etere luminifero e ha aperto la strada alla teoria della relatività ristretta di Einstein. L'esperimento consisteva nel misurare la velocità della luce in diverse direzioni, usando un interferometro che divideva un fascio di luce in due parti perpendicolari e le ricombinava su uno schermo. Se la luce si propaga in un mezzo chiamato etere, allora la sua velocità doveva dipendere dal moto della Terra rispetto all'etere, e quindi variare al cambiare della direzione. Questo avrebbe causato uno spostamento delle frange di interferenza sullo schermo, che poteva essere rilevato ruotando l'apparato. Michelson e Morley eseguirono l'esperimento nel 1887, ma non trovarono nessuno spostamento significativo delle frange. Questo significava che la velocità della luce era la stessa in tutte le direzioni, indipendentemente dal moto della Terra. Tale risultato era in contrasto con le previsioni della meccanica classica e dell'ipotesi dell'etere, e suggeriva che la luce non aveva bisogno di un mezzo per propagarsi. L'esperimento di Michelson-Morley fu una sfida alla fisica dell'epoca fino a quando Lorentz suggerì, nel 1904, delle semplici formule di trasformazione per spiegare il risultato nullo dell’esperimento di Michelson-Morley.
Ipotizzò infatti che le lunghezze degli oggetti in moto si contraessero e i tempi si dilatassero a causa dell’interazione con l’etere, il presunto mezzo in cui si propaga la luce. Einstein, invece, con intuito brillante, degno della migliore opera d’arte, eliminò l’ipotesi dell’etere e postulò semplicemente la costanza della velocità della luce in tutti i sistemi di riferimento inerziali, utilizzando proprio le stesse trasformate di Lorentz. Ovvero fece in qualche modo un gesto molto simile a quello di Duchamp quando mostrò che qualsiasi oggetto può diventare arte se viene scelto, firmato e presentato in un contesto appropriato: prese cioè delle formule appartenenti ad una teoria poco interessante e le presentò nel contesto appropriato della relatività ristretta, eliminando etere e affermando che la velocità della luce è costante, cambiando così decisamente volto al corso della fisica. Ho voluto prendere in considerazione questo esempio solo per tracciare un primo bilancio sull’idea di artescienza: emerge un risultato più interessante se le due discipline riescono in qualche modo a fondersi tra loro, ovvero quando una collassa sull’altra portando in dote punti di vista e approcci inediti. Contrariamente una marcata separazione dei saperi rischia sempre di porre un limite all’avanzamento della conoscenza, ovviamente si accettano smentite e nuovi originali punti di vista!


1. Artescienza è il nome di una rubrica tenuta da Alimberto Torri. (https://www.ticinowebtv.ch/channel/95/artescienza/)
2. Il ricercare o ricercata è una composizione musicale strumentale del tardo rinascimento e del primo barocco. Nella sua più comune interpretazione, si riferisce ad una forma antica di fuga di carattere serio il cui soggetto usa note di elevato valore. Nella presente esposizione si vuole invece instaurare un dialogo più libero e leggero ma non banale, almeno dal punto di vista dei fondamenti con cui affrontare tale disciplina.
3. L’autore di questo scritto, prendendo in qualche modo alcune distanze dalla rubrica Artescienza, preferisce ricondurre il rapporto tra le due discipline ad una sorta di chimera o di utopia nel senso che, in una visione più olistica delle cose, tale distinzione potrebbe apparire semplicemente come superflua.
4. Ente inteso come un essere partecipe delle contraddizioni e delle vicissitudini della contingenza.
5. Metodo inteso come procedimento atto a garantire, sul piano teorico o pratico, il soddisfacente risultato di un lavoro o di un comportamento.

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