Il generale Stumm e la morte dell'ordine perfetto


“– Ti ricordi, – egli disse, – che mi ero messo in testa di deporre ai piedi di Diotima l’idea salvatrice che ella cerca. Come si vede, ci sono molte idee importantissime, ma infine una dev’essere la piú importante di tutte; è logico, no? Dunque si tratta soltanto di disporle per ordine. Dicesti tu stesso che era un’impresa degna di Napoleone. Ricordi? Poi mi desti una filza di ottimi consigli, come era naturale aspettarsi da te, ma non ebbi occasione di applicarli. Dunque, in poche parole, ho preso io stesso la faccenda in mano!”
Robert Musil, L'uomo senza qualità

      Ci sono libri universali, caratterizzati da una sorprendente capacità di rispondere a tutti i possibili quesiti dei lettori, dai più esigenti ai meno conformisti, volumi che andrebbero collocati su un ineffabile scaffale degli oracoli! Mi riferisco, nello specifico, al capolavoro incompiuto di Robert Musil: "L'uomo senza qualità" (Der Mann ohne Eigenschaften), opera monumentale tra le più significative della letteratura mondiale. Il passo che voglio proporre è una riflessione sulla conoscenza, l'ordine e il caos, temi che trovano un'eco sorprendente nell'era dell'intelligenza artificiale generativa. Dove posso trovare l’idea piú bella del mondo? E’ questa la domanda spinosa che si pone il generale Stumm mentre si imbatte nella potente metafora della biblioteca universale, un arduo sovraccarico informativo sotto forma di un enorme corpus di testi, immagini, codici e informazioni di ogni tipo. L’elenco alfabetico degli elenchi alfabetici dei titoli dei libri è un’illusione dell’ordine visto che anche i bibliotecari non riescono a dominare completamente l'enorme quantità di informazioni, proprio come i modelli linguistici di grandi dimensioni, che pur essendo in grado di generare testi coerenti e informativi, possono a volte produrre risultati incoerenti o errati. Sia Stumm che l'IA generativa si confrontano con il problema dell'interpretazione. Il primo cerca una "idea più importante di tutte", mentre l'IA deve interpretare le richieste dell'utente e generare risposte significative. Entrambi cercano un senso all'interno di un vasto e complesso insieme di dati. Ma sebbene l'IA possa identificare pattern e correlazioni nei dati, non ha una comprensione profonda del significato dei testi. Come il bibliotecario che conosce i cataloghi ma non necessariamente il contenuto dei libri, l'IA può manipolare l'informazione senza comprenderla pienamente, pur potendo creare, a differenza di un bibliotecario, nuove informazioni combinando e rielaborando dati esistenti in un processo simile alla creazione di nuove bibliografie o cataloghi.

      L’ossessione di Stumm per un ordine perfetto può portare solo alla morte e alla rigidità, limitando creatività e capacità di adattarsi a nuove situazioni. Il caos e l'imprevedibilità sono quindi elementi essenziali della creatività e dell'innovazione: c’è sempre bisogno di un certo grado di disordine per poter generare nuove idee e scoprire nuove connessioni. In definitiva la capacità di un agente artificiale di processare enormi quantità di dati è affascinante, ma è utile ricordare che la comprensione profonda e la creatività rimangono prerogative dell'intelligenza umana che però ha un alleato in più: ricerche semantiche, raccomandazioni personalizzate, riassunti automatici, classificazione e categorizzazione, visualizzazioni dei dati, riconoscimento di pattern e previsioni, generazione di contenuti, sono tutti strumenti preziosi per chi sa farne buon uso. L’incontro tra un moderno bibliotecario e Stumm potrebbe infatti produrre un percorso di lettura personalizzato, riassunti dettagliati di opere lunghe e complesse, evidenziando concetti chiave e argomentazioni importanti. Potrebbe contrapporre diverse teorie filosofiche, politiche o scientifiche, evidenziando somiglianze e differenze, individuando trend storici, evoluzioni concettuali, connessioni tra discipline apparentemente diverse, potrebbe suggerire nuove idee, esplorare scenari futuri, porre domande aperte e complesse esplorando temi che intersecano diverse discipline. Insomma i vantaggi dell'IA nella gestione del sovraccarico informativo ha diversi punti di forza ma presenta anche delle sfide: basta ricordare i pregiudizi presenti nelle informazioni su cui sono addestrati i sistemi di AI, portando a risultati discriminatori. La stessa raccolta e analisi dei dati personali solleva delicate questioni sulla privacy, così come un’eccessiva dipendenza da questi sistemi può limitare la nostra capacità di pensiero critico e valutazione indipendente. Ecco perché promuovere l'alfabetizzazione digitale sull'utilizzo consapevole dell'IA e sui rischi ad esso associati è un compito fondamentale. Solo in questo modo la biblioteca universale del futuro non sarà solo un deposito di informazioni, ma un ambiente dinamico e interattivo, in cui le tecnologie digitali ci aiuteranno a esplorare, comprendere e creare conoscenza. E per chiudere in bellezza, invito i più audaci lettori ad apprezzare questo suggestivo capitolo del romanzo di Musil. Buona lettura!

100. Il generale Stumm penetra nella biblioteca nazionale e accumula esperienze sui bibliotecari, gli inservienti di biblioteca e l’ordine spirituale.
Il generale Stumm aveva osservato l’insuccesso del «camerata» e voleva consolarlo. – Quante chiacchiere sconclusionate! – disse sdegnato, biasimando i partecipanti al Concilio, e dopo un po’, benché non avesse ricevuto alcun incoraggiamento, incominciò ad aprire l’animo suo, concitatamente eppure con una certa soddisfazione. – Ti ricordi, – egli disse, – che mi ero messo in testa di deporre ai piedi di Diotima l’idea salvatrice che ella cerca. Come si vede, ci sono molte idee importantissime, ma infine una dev’essere la piú importante di tutte; è logico, no? Dunque si tratta soltanto di disporle per ordine. Dicesti tu stesso che era un’impresa degna di Napoleone. Ricordi? Poi mi desti una filza di ottimi consigli, come era naturale aspettarsi da te, ma non ebbi occasione di applicarli. Dunque, in poche parole, ho preso io stesso la faccenda in mano!
Quando voleva osservare attentamente una persona o una cosa, il generale portava occhiali di corno, che infatti tolse di tasca e inforcò invece del pincenez. – Una delle prime condizioni dell’arte militare è la precisa conoscenza della forza nemica. Sicché, – raccontò il generale, – mi son procurato una tessera d’ingresso nella nostra celebre biblioteca di corte e guidato da un bibliotecario che si era messo cortesemente a mia disposizione appena sentito chi ero, son penetrato nelle linee nemiche. Percorremmo quella colossale profusione di libri e posso dire che non mi sentivo turbato, le file di volumi non son peggio di una sfilata militare. Dopo un poco però dovetti incominciare un calcolo mentale, e questo ebbe un risultato inatteso. Vedi, prima avevo pensato che se leggevo un libro al giorno mi sarei sottoposto a una bella fatica, ma un giorno o l’altro sarei arrivato in fondo e avrei potuto pretendere a una certa posizione nella vita intellettuale, anche saltando ogni tanto qualcosa. Ma ci credi? Quando vedo che la passeggiata non finisce e chiedo spiegazioni al bibliotecario, sai quanti volumi contiene quella dannata biblioteca? Tre milioni e mezzo, m’ha risposto! Siamo circa al settecentomillesimo, dice lui, ma io mi metto a calcolare... be’, non voglio annoiarti, ma al Ministero ho rifatto il conto con carta e matita: diecimila anni mi ci vorrebbero per venirne a capo!
In quel momento mi son fermato su due piedi e tutto l’universo mi è sembrato un grande imbroglio. Anche adesso che mi sono calmato, ti dico e ti ripeto: qui c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato!
Tu obietterai che non c’è bisogno di leggerli tutti, i libri. E io ti rispondo: anche in guerra non c’è bisogno di uccidere tutti i soldati, eppure ciascuno è necessario. Dirai: anche ogni libro è necessario. Ma vedi, ecco che qualcosa non combina, perché non è vero: ne ho chiesto al bibliotecario!
Caro amico, io ho pensato semplicemente: quest’uomo vive fra questi milioni di libri, li conosce tutti, sa di tutti dove sono collocati: dunque dovrebbe potermi aiutare, naturalmente non volevo chiedergli senz’altro: dove posso trovare l’idea piú bella del mondo? Gli sarebbe sembrato il principio di una fiaba, e sono abbastanza avveduto da accorgermene, e per di piú le fiabe non ho mai potuto soffrirle, neanche da bambino; ma che vuoi farci, qualcosa di simile ho dovuto pur finire per chiederglielo! D’altra parte il mio senso delle convenienze mi vietava di dirgli la verità, per esempio di premettere alla mia richiesta qualche notizia intorno all’Azione e pregare quel signore di mettermi sulla traccia della meta piú degna da prefiggerle; non mi sentivo in facoltà di farlo. Alla fine perciò mi son servito di un piccolo stratagemma. – Ah, – ho incominciato a dire con aria innocente, – ah, ho dimenticato di chiederle come fa lei in mezzo a questa infinità di volumi a trovare sempre il libro voluto... – Sai, l’ho detto proprio cosí come immaginavo che l’avrebbe detto Diotima, e ci ho messo dentro anche un pizzico di ammirazione per lui, per farcelo cascare.
E infatti mi domanda tutto lusingato e premuroso, cos’è che desidera sapere il signor generale. Be’, questo mi ha messo un po’ in imbarazzo. – Oh, molte cose, – dico, stiracchiato.
– Intendo, di quale problema o di quale autore s’interessa? Storia della guerra? – dice lui.
– Oh no, affatto; piuttosto storia della pace.
– Opere storiche, o libri sul pacifismo moderno?
– No, – dico io, – la cosa non è cosí facile a spiegarsi. Per esempio una raccolta di tutte le grandi idee dell’umanità, ci sarebbe? – domando scaltramente; ti ricordi certo quante ricerche ho già fatto fare in quel campo.
Lui tace. – Oppure un libro sull’Avveramento dell’essenziale, – soggiungo.
– Etica teologica, allora? – fa lui.
– Può anche essere etica teologica, ma bisogna che contenga anche qualcosa sull’antica cultura austriaca e su Grillparzer, – rispondo io. Sai, evidentemente nei miei occhi c’era una tale sete di sapere, che quel tipo ha avuto paura di essere spremuto come un limone; gli dico ancora qualcosa come di orari ferroviari che devono permettere di stabilire fra i pensieri ogni collegamento e coincidenza, a volontà, allora si fa d’una gentilezza addirittura inquietante e mi propone di condurmi nella stanza del catalogo e di lasciarmici solo, quantunque veramente sia proibito perché dev’essere usata solo dai bibliotecari. Dunque eccomi proprio nel sancta sanctorum della biblioteca. Posso dirti che mi pareva di essere entrato nell’interno di un cervello; tutt’intorno nient’altro che scaffali con le loro celle di libri, e dappertutto scalette per arrampicarsi, e sui leggii e sulle tavole mucchi di cataloghi e di bibliografie, insomma tutto il succo della scienza e nemmeno un vero libro da leggere, ma soltanto libri sui libri; c’era per davvero odore di fosforo cerebrale, e non credo di illudermi se dico che avevo l’impressione di essere arrivato a qualcosa! Ma naturalmente, quando l’uomo fa per lasciarmi solo, mi sento un non so che di strano, una specie di angoscia; sí, rispetto e angoscia. Il bibliotecario sale su per una scaletta come una scimmia e si getta su un libro come se avesse già preso la mira dal di sotto, proprio quel libro lí, lo porta giú, dice: – Signor generale, ecco qui per lei una bibliografia delle bibliografie, – tu lo sai cos’è? be’, l’elenco alfabetico degli elenchi alfabetici dei titoli di quei libri e lavori che sono stati pubblicati negli ultimi cinque anni intorno al progresso dei problemi etici, ad esclusione della teologia morale e della letteratura amena... insomma mi spiega qualcosa di simile e sta per svignarsela. Ma io faccio ancora in tempo ad agguantarlo per la giacchetta. – Signor bibliotecario, – esclamo, – lei non può piantarmi in asso senza rivelarmi come fa a raccapezzarsi in questo... – be’, sono stato incauto, ma la mia impressione era quella, – ... in questo manicomio –. Credo che mi abbia frainteso; m’è poi venuto in mente che, a quanto si dice, i pazzi trovano sempre che i pazzi sono gli altri; certo è che guardava sempre la mia sciabola e non c’era modo di trattenerlo. E m’ha fatto venire una paura birbona, perché, come io cercavo di non lasciarlo andare, eccolo che si tende su dritto, cresce addirittura fuori delle sue brache cascanti, e dice con una voce che sottolineava significativamente ciascuna parola, come per rivelare infine il segreto di quei muri: – Signor generale, – dice, – lei vuol sapere come faccio a conoscere questi libri uno per uno? Ebbene, glielo posso dire: perché non li ho mai letti!
Ti dico io, per poco non m’ha preso un colpo! Ma lui, vedendo il mio sbigottimento, s’è spiegato meglio. Il segreto di tutti i bravi bibliotecari è di non leggere mai, dei libri a loro affidati, se non il titolo e l’indice. – Chi si impaccia del resto, è perduto come bibliotecario! – m’istruisce. – Non potrà mai vedere tutto l’insieme! Gli chiedo senza fiato: – Dunque lei non legge mai nessuno di questi libri?
– Mai, tranne i cataloghi.
– Ma lei non è laureato?
– Certo. Sono anche docente universitario. Libero docente di scienza bibliotecaria. È una scienza in sé e per sé, – egli dichiara. – Quanti crede che siano, signor generale, i sistemi secondo i quali si dispongono i libri, si ordinano i titoli, si correggono gli errori di stampa e i dati sbagliati sui frontespizi, eccetera eccetera? Ti confesso che quando se n’è andato c’eran solo due cose che avrei fatto volentieri: o scoppiare in lacrime o accendere una sigaretta, ma in quel luogo non potevo fare né l’uno né l’altro! E cosa credi che sia successo? – continuò il generale, giocondo. – Mentre son lí sbalordito mi si avvicina un vecchio inserviente, che forse ci stava già osservando, e mi passeggia un po’ intorno, poi si ferma, mi guarda, e incomincia a parlare con una voce che era tutta ammorbidita o dalla polvere dei libri o dal pregusto di una mancia. – Che cosa occorre al signor generale? – egli domanda. Io mi schermisco, ma il vecchio insiste: – Sovente vengono qui signori ufficiali della Scuola di guerra: il signor generale non ha che da dirmi qual è il tema di cui s’interessa attualmente: Giulio Cesare, il principe Eugenio, il conte Daun? Oppure qualcosa di piú moderno? La legge sulla coscrizione? Il bilancio militare? – Ti dico io, quell’uomo parlava in modo cosí ragionevole, ed era cosí al corrente di quel che contengono i libri, che gli ho dato una mancia e gli ho chiesto come faceva. Ebbene, cosa credi? Mi ha ripetuto che gli allievi della Scuola di guerra quando hanno un compito scritto vengono talvolta da lui e si fanno dare dei libri. – Spesso poi protestano, quando glieli porto, – continua l’inserviente, – per le sciocchezze che tocca loro studiare, e allora noi s’impara un sacco di cose. Oppure viene il signor deputato che deve compilare il bilancio scolastico, e mi chiede di quali documentazioni s’è servito quello che ha fatto il bilancio dell’anno scorso. Oppure viene il signor prelato che da quindici anni studia certi coleotteri, oppure il signor professore universitario che si lamenta di aver chiesto un libro da tre settimane e di non averlo ancora avuto, e allora bisogna cercare in tutti gli scaffali per vedere se non è stato cambiato di posto, e si scopre che ce l’ha lui in casa da due anni e non l’ha restituito. E cosí si va avanti da quasi quarant’anni; e allora s’impara da soli a capire le persone e cosa vogliono leggere.
– Sarà, – gli obietto, – però quello che vorrei leggere io non è tanto facile da spiegare!
E che ti credi che m’abbia risposto? Mi guarda modestamente, tentenna il capo e fa: – Le chiedo scusa, signor generale, si sa che anche questo può capitare. Poco tempo fa ho parlato con una signora che diceva la stessa cosa; forse il signor generale la conosce, è la signora del signor capodivisione Tuzzi, del Ministero degli Esteri. Be’, che ne dici? Credevo di restarci secco! Il vecchio se n’accorge e mi porta tutti i libri che Diotima si fa mettere da parte, e adesso quando vado in biblioteca è proprio come un matrimonio spirituale segreto, e ogni tanto con molta cautela faccio un segno o scrivo una parola in margine, a matita, e so che il giorno dopo lei lo vedrà, senza immaginare lontanamente chi è lí presente nella sua testolina quando si domanda, che cosa vorrà mai dire!
Il generale tacque, beato. Ma poi si riscosse, si fece grave in volto e seguitò: – Adesso, se puoi, sta’ bene attento: voglio chiederti una cosa. Noi tutti siamo persuasi, vero, che il nostro secolo è pressapoco il piú ordinato che si sia mai visto. Una volta dissi a Diotima che lo consideravo un pregiudizio, naturalmente però è un pregiudizio che ho anch’io. E ora ho dovuto convincermi che i soli uomini che posseggano un ordine spirituale a tutta prova sono gli inservienti di una biblioteca, e ti domando... no, non ti domando nulla, ne abbiamo già parlato a suo tempo e dopo le ultime esperienze ci ho pensato su di nuovo, sicché ti dico: immagina di bere dell’acquavite, va bene? In certi casi è un’ottima cosa. Ma ne bevi ancora, e ancora, e ancora. Mi segui? Allora ti prendi prima una sbornia, poi il delirium tremens e alla fine i funerali a spese dello Stato e il prete sulla tua tomba farà un bel discorso sul tuo ferreo senso del dovere. Ci siamo? Bene, se te lo sei immaginato chiaramente, non occorre altro, adesso invece pensa all’acqua. E figurati che ne devi bere sempre di piú, sempre di piú, finché affoghi. E ora figurati di mangiare fino all’occlusione dell’intestino. E poi i rimedi, chinino o arsenico o morfina. Ma perché? domanderai tu. Caro camerata, adesso ti faccio la proposta piú straordinaria: immagina, ora, l’ordine. O meglio, immagina prima una grande idea, poi una piú grande, poi una piú grande ancora, e sempre di piú; e su questo esempio figurati un ordine sempre maggiore. In principio è grazioso come la stanzetta di una vecchia signorina e pulito come una scuderia militare; poi diventa grandioso come lo spiegamento di una brigata; poi pazzesco, come quando si esce di notte dal Casino e si comanda alle stelle: Universo, attenti! Per fila destr! Possiamo anche dire che in principio l’ordine è come un coscritto che tartaglia con le gambe, e tu gli insegni a camminare; poi, come quando ti sogni di saltare i turni e di esser promosso ministro della Guerra; ma alla fine prova a immaginarti soltanto un ordine completo, universale, un ordine di tutta l’umanità, in una parola un ordine civile perfetto; ebbene, io sostengo che questa è la morte di freddo, la rigidità cadaverica, un paesaggio lunare, una epidemia geometrica.
Ne ho parlato col mio inserviente di biblioteca. Mi ha suggerito di leggere Kant o qualcosa di simile, sul limite dei concetti e della facoltà conoscitiva. Ma io in fondo non voglio piú leggere nulla. Sento in me un’impressione cosí curiosa: intendo finalmente perché noi militari, che abbiamo il massimo dell’ordine, dobbiamo essere pronti in pari tempo a dare la nostra vita quando che sia. Ma non posso spiegare perché. In qualche modo l’ordine si trasforma in un bisogno di morte. E adesso ho la seria preoccupazione che tua cugina con i suoi sforzi finisca per combinare qualcosa che le può recar molto danno, mentre io le posso essere meno utile che mai! Mi segui? Quanto ai risultati della scienza e dell’arte, ai grandi e mirabili pensieri che da essi si esprimono, s’intende che mi tolgo il cappello ed è certo che non ho detto proprio nulla in contrario.

Ti potrebbe anche interessare:
Velázquez e i limiti dell'AI
Solo un epifenomeno?
Produzione artistica e intelligenza artificiale
Chimere
La fotografia tra Heidegger e Turing
La madeleine di Proust e l'immagine contemporanea
Dialogo platonico sull'AI
Solo una farfalla? Riflessioni sull’uso dell’AI nella co-creazione di opere

Commenti

Post più popolari