Gli Idoli di Bacone e l'Arte Contemporanea
“Nell'oscurità tutti i colori si somigliano.”
Sir Francis Bacon
“L'uomo crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi.”
Erich Fromm
Nel Novum Organum del 1620, Francis Bacon individuava quattro categorie di idoli, false nozioni che ostacolano la conoscenza autentica della realtà. Questi idola rappresentavano altrettanti vizi cognitivi che impedivano l'accesso alla verità: gli idola tribus (della tribù), radicati nella natura umana; gli idola specus (della caverna), derivanti dalle inclinazioni individuali; gli idola fori (del mercato), generati dal linguaggio sociale; gli idola theatri (del teatro), prodotti dai sistemi filosofici dominanti. Guardando al panorama dell'arte contemporanea con l'acutezza diagnostica del filosofo inglese, emerge un quadro preoccupante: il sistema artistico odierno sembra pervaso da meccanismi che ricordano da vicino questi antichi ostacoli alla conoscenza. Non si tratta di una critica nostalgica verso presunte età dell'oro, ma di un'analisi necessaria per comprendere come certe dinamiche strutturali impediscano il riconoscimento e la valorizzazione di autentiche innovazioni espressive.
Gli Idoli della Tribù
Nel mondo dell'arte contemporanea, gli idola tribus si manifestano attraverso quella tendenza collettiva a privilegiare ciò che conferma le aspettative preconcette di cosa debba essere “contemporaneo”. Esiste una sorta di algoritmo non scritto che determina quali linguaggi, materiali e approcci concettuali possano essere considerati degni di attenzione. Questa tribù –composta da curatori, critici, collezionisti e operatori del settore– tende a riprodurre schemi consolidati mascherandoli da innovazione. Si pensi alla ricorrente ossessione per certi materiali (il neon, il cemento, i dispositivi tecnologici) o a certe tematiche (l'identità, la globalizzazione, la sostenibilità) che vengono declinate secondo modalità spesso prevedibili. Non che questi elementi siano intrinsecamente problematici, ma la loro sistematizzazione in formule ripetitive tradisce una pigrizia cognitiva che Bacon avrebbe riconosciuto immediatamente. Il rischio è che artisti genuinamente innovativi, che operano al di fuori di questi parametri tribali, vengano sistematicamente ignorati non per mancanza di qualità, ma per incompatibilità con le aspettative collettive. L'arte che nasce dalle periferie geografiche o concettuali del sistema, fatica a trovare spazio non perché manchi di valore, ma perché non corrisponde all'immagine che la tribù ha costruito di sé.
Gli Idoli della Caverna
Gli idola specus trovano la loro manifestazione più evidente nell'autoreferenzialità di molti protagonisti del sistema artistico. Ogni critico, curatore o direttore di istituzione sviluppa una propria caverna, un sistema di preferenze, riferimenti e pregiudizi che finisce per condizionare drasticamente le scelte operative. Questa dimensione individuale dell'errore si amplifica quando le caverne personali si sincronizzano, creando bolle di consenso che si autorinforzano. Un esempio paradigmatico è rappresentato da certe dinamiche delle biennali internazionali, dove spesso si assiste alla circolazione degli stessi nomi attraverso reti di relazioni che privilegiano la familiarità rispetto alla scoperta autentica. La conseguenza più grave è l'instaurarsi di un circuito chiuso dove l'innovazione viene confusa con la variazione su tema. Artisti che propongono linguaggi radicalmente nuovi o che attingono a tradizioni culturali non immediatamente decodificabili secondo i parametri della caverna occidentale, rischiano l'invisibilità non per insufficienza espressiva, ma per incompatibilità epistemologica.
Gli Idoli del Mercato
Forse nessun ambito rivela la pertinenza della diagnosi baconiana quanto l'analisi degli idola fori nel contesto artistico contemporaneo. Il linguaggio del mercato –con le sue logiche di quotazione, investimento e rendimento– ha progressivamente colonizzato il discorso critico, fino a diventare un criterio di valutazione estetica. Il paradosso è evidente: opere il cui valore viene determinato principalmente da dinamiche speculative acquisiscono automaticamente una presunta legittimazione culturale. Il prezzo diventa proxy della qualità, in un cortocircuito logico che, ancora una volta, Bacon avrebbe identificato come tipico degli errori generati dal linguaggio sociale. Questo meccanismo penalizza doppiamente l'innovazione autentica: da un lato, artisti emergenti o sperimentali non hanno accesso alle leve di mercato necessarie per “validare” il proprio lavoro; dall'altro, la pressione commerciale spinge verso la produzione di opere “mercantili”, compromettendo la libertà di ricerca espressiva. Il risultato è un sistema che tende a privilegiare la riconoscibilità formale rispetto all'originalità concettuale, la serialità rispetto all'unicità, la spendibilità mediatica rispetto alla profondità culturale.
Gli Idoli del Teatro
Gli idola theatri rappresentano forse la categoria più insidiosa nel panorama artistico contemporaneo. Si manifestano attraverso l'adesione acritica a framework teorici che, pur avendo una loro legittimità, vengono applicati in modo meccanico e onnicomprensivo. Pensiamo all'egemonia di certe categorie critiche come ad esempio:
- il post-coloniale, nato negli anni Settanta e Ottanta del Novecento come strumento di decostruzione delle narrazioni egemoniche occidentali, ormai del tutto svuotato
- il queer, sviluppato a partire dagli anni Novanta principalmente da Judith Butler, Eve Kosofsky Sedgwick e Lee Edelman che ha messo in discussione l'intera architettura normativa sulle identità di genere, ma dove, ad oggi, dietro un'apparenza trasgressiva, si è perduto gran parte dell’originaria carica sovversiva
- il relazionale, la trasformazione dell'opera d'arte da oggetto contemplativo a situazione interattiva che ha permesso di sviluppare pratiche per attivare forme di socialità attraverso la creazione di contesti di incontro e scambio, spazi di relazione autentica o di comunità temporanee piuttosto che di manufatti da osservare. Tuttavia, il successo dell'estetica relazionale ha prodotto la sua rapida cristallizzazione in formula, diventando un brand applicabile a qualsiasi pratica artistica che preveda una qualche forma di partecipazione del pubblico, indipendentemente dalla qualità o dalla necessità di tale partecipazione.
La diagnosi baconiana suggerisce anche una possibile terapia. Così come il filosofo inglese proponeva un metodo sperimentale per liberarsi dagli idoli, il sistema artistico contemporaneo necessita di sviluppare nuovi strumenti critici e operativi che possano riconoscere e valorizzare l'innovazione autentica, ovunque essa si generi. Questo implica, innanzitutto, la coltivazione di una metodologia dell'attenzione, intesa come la capacità di guardare oltre i parametri consolidati per cogliere la novità anche quando si presenta in forme inattese. Significa sviluppare competenze critiche che sappiano distinguere tra variazione e innovazione, tra provocazione e profondità, tra moda e necessità espressiva. Richiede anche la costruzione di circuiti alternativi di valorizzazione che non dipendano esclusivamente dalle logiche di mercato o dalle dinamiche istituzionali consolidate. Spazi, fisici e concettuali, dove la sperimentazione possa svilupparsi senza la pressione dell'immediata legittimazione commerciale o accademica.
Il superamento degli idoli baconiani nell'arte contemporanea non può essere affidato alla buona volontà individuale, ma richiede una trasformazione strutturale dell'intero ecosistema artistico. Curatori, critici, direttori di musei, collezionisti e operatori culturali hanno la responsabilità di mettere in discussione le proprie certezze metodologiche e di aprire spazi reali per voci diverse e innovative. Questo non significa abbandonare ogni criterio di valutazione in nome di un relativismo indiscriminato, ma piuttosto affinare strumenti critici per poter riconoscere la qualità anche quando si presenta secondo modalità non convenzionali. Significa investire tempo e risorse nella ricerca, nell'esplorazione, nella sperimentazione: attività che richiedono pazienza e competenza, ma che sono indispensabili per la vitalità del sistema. In un'epoca in cui l'accelerazione e l'omologazione sembrano dominare ogni ambito dell'esperienza umana, l'arte mantiene la potenzialità di offrire spazi di resistenza e invenzione. Ma questa potenzialità può essere realizzata solo se il sistema che la sostiene avrà il coraggio di mettere in discussione le proprie strutture consolidate e di aprirsi a quella dimensione di incertezza e scoperta che costituisce l'essenza stessa dell'esperienza artistica.
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