Pensare per immagini. Un viaggio tra fotografia, filosofia e linguaggio


“L'opera d'arte è un atto di pensiero in forma sensibile.”
Maurice Merleau-Ponty

      Cosa accade quando la fotografia smette di essere una semplice rappresentazione del reale per diventare una forma attiva di pensiero? Foto(so)phie è il titolo di un vasto progetto teorico e visivo che si presenta non solo come breve saggio, ma come un vero e proprio dispositivo concettuale. Un’opera ibrida in cui arte visiva, filosofia e linguaggio si incontrano, si scontrano e si trasformano. Al centro di questa ricerca c’è l’idea di post-fotografia come campo di riflessione e azione: non un’evoluzione tecnica del medium, ma una radicale messa in discussione dei suoi limiti percettivi, semantici ed espressivi. Le immagini non si limitano più a mostrare, ma pensano, interrogano e coinvolgono il lettore/spettatore in una relazione attiva e tattile.

      Attraverso le visio(so)phie, foto[so]phie e meta{so}phie, viene costruito un nuovo lessico per affrontare la complessità dell’immagine contemporanea. Ogni opera è un vero e proprio assemblaggio –non un collage– dove il testo, le figure, i simboli geometrici e le superfici materiche convivono in una tensione produttiva, sfidando la logica della sintesi e aprendo lo spazio alla co-esistenza delle differenze. Nel saggio, la fotografia si fa scrittura filosofica e l’arte si trasforma in metodo conoscitivo. Il fruitore è chiamato a partecipare, a ricomporre, a intervenire fisicamente, entrando in contatto con un’opera viva, che muta e si rigenera. La proposta della geminazione –una versione sigillata e una libera da manipolare– introduce una nuova economia della partecipazione estetica, in cui l’autenticità non risiede più nell’oggetto, ma nella relazione che esso instaura.

      Foto(so)phie è un invito ad abitare le immagini, non solo a guardarle. A pensare con esse e attraverso esse. Un laboratorio critico e creativo che mette in discussione il nostro modo di vedere, di pensare e, forse, di essere. Leggere questo lavoro significa accettare la sfida di un’arte che non si lascia addomesticare, ma che chiede di essere vissuta con coraggio e profondità.
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