Il teorema del dubbio
“La ragione non è nulla senza l'immaginazione.”
René Descartes
Concept
Nelle “foto(so)phie” – neologismo che fonde fotografia e filosofia – ogni elemento si dispone come tessera di un enigma irrisolvibile. La moderna interpretazione, in bianco e nero, di Cartesio, fronteggia lo scheletro di un dinosauro che emerge, appena percettibile, dal biancore dello sfondo. Tra questi due poli – il volto della ragione e l’ossatura del vissuto preistorico – si apre un cortocircuito di significati che rimette in gioco le certezze del vedere e le radici stesse del pensiero. Il sorriso assente del filosofo-cartesiano, con lo sguardo rivolto verso un io che si auto-fonda, ci invita a ripercorrere la famosa sospensione del dubbio: «Cogito, ergo sum». Eppure quel sum – quel farsi esistere del soggetto – qui non è più garanzia di un’identità salda, ma soltanto un simulacro di carta e pigmenti (come recita la stessa dichiarazione d’artista incisa nella stessa opera), apparenza che si sfalda sotto il peso della propria supposizione di verità. Di contro, lo scheletro del rettile preistorico, archeologia di un’esperienza sensibile e reliquia di un orizzonte che precede ogni forma di consapevolezza, ribalta il dogma cartesiano, ricordandoci che il pensiero si stratifica sempre su un terreno corporeo, materiale e indomito. L’osservatore è chiamato a muoversi non più come spettatore passivo, ma come viandante filosofico, sospeso tra le pieghe del dire e del vedere.
Qui prende forma ciò che Jacques Rancière definisce immagine pensosa: un’immagine che non si riduce né a puro oggetto di contemplazione né a mero testo da decifrare, ma ad una zona di indecidibilità in cui ragione ed esperienza coesistono in tensione produttiva. Secondo Rancière l’immagine diviene pensosa quando resiste all’assimilazione in un unico significato e si sostiene su almeno tre poli di indecidibilità:
- Arte vs. non-arte: pur utilizzando il registro meccanico della macchina fotografica, si crea un cortocircuito tra intenzione artistica e automatismo tecnologico.
- Regimi di espressione ibridi: la mescolanza di citazioni filosofiche, riferimenti matematici e linguaggio fotografico produce un sistema non classificabile, un ibrido che sfida la gerarchia tradizionale delle arti.
- Transizione sensoriale-concettuale: l’occhio riconosce un volto, la mente discute un’idea; l’immagine oscilla costantemente tra la percezione diretta e l’elaborazione concettuale, tra la materialità della stampa e l’astrazione del pensiero.
«Nell'interstizio tra cogito ed essere, mi ritrovo intrappolato in un labirinto di parole che serpeggia fin sotto la mia pelle cartacea. Il giovane Husserl, con la sua penna affilata come un bisturi, ha dissezionato le mie ardite meditazioni, facendo sgorgare dal mio volto bidimensionale una lacrima d'inchiostro, essenza stessa del mio essere. Lasciate che vi sveli il paradosso della mia esistenza: sono Cartesio, un autentico falso ritratto. Un simulacro di Carte e pigmenti, illusione tangibile che sfida la propria non-esistenza. Padre riluttante della modernità filosofica, sono qui per (rap)presentare questa prima Foto(so)fia, neologismo che danza sul filo del rasoio tra immagine e pensiero, figura bifronte nel pantheon dell'arte contemporanea, che incarna da un lato l'essenza di un'opera visiva e dall'altro si propone come una metodologia per decifrare l'enigma del reale.
Io -replicò lapidario lo scheletro del dinosauro- sono invece l'esperienza sensibile!
E così, in questa prima surreale visione un filosofo di carta, un diuturno dinosauro loquace e voi, spettatori-pensatori, siete tutti intrappolati nell'eterno enigma del reale e dell'illusorio, del pensiero e della materia, dell'arte e della filosofia.»
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