The sleepless man
“Non possediamo più obbiettivi in cui non credere. Perché è di vitale importanza – forse ancor più che vitale – avere cose in cui non credere.”
Jean Baudrillard
“Non importa come esce la foto. È l'aspetto dell'altro che ti darà un valore.”
Jacques Derrida
Questa foto introduce una breve serie di immagini, scattate in analogico e liberamente ispirate ad un brano musicale di Cattivo Costume. Raccoglie sguardi perduti, volti sfocati che lasciano un'orma senza mai riuscire a delimitarne i tratti. Nell'anonimato di un tempo sospeso e desolato c'è un'umanità silenziosa, in eterna attesa, fatta di frammenti di vita e storie senza alcun nome che si intrecciano in un mosaico di solitudini e in un ritrovo apparentemente casuale e senza più passato. "Sleepless men" che, cercando di vigilare sul mondo e sul senso di verità, sono caduti nella trappola causata dai loro stessi desideri, trasformandosi in figure fredde, anime vaganti, perdute e dimenticate. Nessuna voce, nessun richiamo o urla a squarciagola o braccia agitate al vento e occhi impietositi riescono più a riportarli in uno stato di veglia.
Volti senza forma che si perdono nella foschia di una notte senza fine, appaiono come un’ombra senza luce che si aggira senza meta in una città senza vita. Anime senza pace che si consumano senza sonno in un mondo senza senso che va alla ricerca di un'arte senza voce e si mostra senza emozione su una parete priva di colore.
La fotografia si tramuta in una gabbia di filo spinato pronta a rinchiudere il testo in una prigione di carta. Ci mostra che non c'è limite alla divisione, alla separazione, alla frattura, al frammento ma c'è sempre un muro, una rete, una barriera che crea nuove crepe e altre distanze insormontabili. Che facoltà di scelta c'è in un simile scenario? Da che parte della rete stare? Quale tragica ironia pesa sulla debole volontà dello "sleepless man"?
Qui, in questo mondo immaginato, un anelito di chiarezza, il ricordo del modo di sorridere, è dato soltanto come la traccia su un muro pericolante, emblema di debolezza e allo stesso tempo anche forza della memoria, la quale, tuttavia, vacilla, si deteriora, ruota con traiettorie sempre più strette attorno l'orlo di un abisso, lasciando ancora trasparire il proprio segno indelebile. Tutto intorno è solo un campo di macerie, buone appena per riempire la scena, un puro e semplice correlato visivo.
A metà strada di questo percorso caratterizzato da una dimensione onirica e che prende l'aspetto di volti sempre più sfocati lungo paesaggi irrilevanti, ho immaginato un possibile cambio di prospettiva: se invece di "sleepless man" questi lineamenti annebbiati non fossero altro che marionette, vecchi arnesi di scena abbandonati davanti il fondale di una realtà poco decifrabile? Se la verità fosse altrove? Ben oltre lo spazio angusto e geometrico della carta dove ho tracciato questi segni?
Nebbie di sogni, intanto, insistono nel prendersi cura di un mondo che sfugge allo sguardo mentre si dissolve. Chi cerca un senso e un'identità si perde nell'indistinto e nell'incerto mentre visioni oniriche si confondono tra realtà e fantasia, tra luce e oscurità. Ombre senza volto si aggirano in luoghi senza nome e senza storia, maschere di umanità celano l'essenza vera degli individui. Sguardi vuoti e smarriti non trovano una meta e una speranza. Distorsioni della mente creano un effetto di vertigine e di angoscia, come devono sentirsi fragili e soli coloro che vivono in questa bruma nebbiosa.
L'uomo senza sonno scelse di vivere in questa strana condizione nella speranza di poter dialogare con le cose del mondo, come se esse gli parlassero una lingua segreta che, nel normale stato di veglia e di attenzione, non riusciamo a percepire. Tuttavia ciò l’ha portato a separarsi sempre più da quel principio di demarcazione che ci consente di distinguere tra oggetti, finzioni, immaginazione e da quei concetti puri dell'intelletto come quantità, qualità, relazione o modalità.
Così gli enigmi si sono accumulati: qui, a quest’ora, sotto quella particolare luce c’era qualcuno e, contemporaneamente, non c’era alcun senso nell’essere proprio in questo luogo, in quel preciso momento. Sono diventate fotografie che sottolineano un’assenza ancor prima che una presenza, forse una traccia meno agevole da cancellare è rimasta, ma mai una presenza, un ricordo autentico o un desiderio scolpito nella pietra della memoria.
Arrivati alla fine è il contrasto tra la realtà e l'illusione ad emergere, tra la natura e l'uomo, tra la luce e l'ombra. Il volto sfocato in primo piano rappresenterà ancora l'illusione, l'uomo, l'ombra. Una presenza evanescente, indefinita, anonima, che si sovrappone alla realtà, ma non la cancella. Un bosco in secondo piano rappresenta la realtà, la natura, la luce, una scena nitida, dettagliata, identificabile, che resiste all'illusione, ma non la respinge. Ci chiede di interrogarci continuamente su chi siamo, da dove veniamo e, dove andiamo. Ci propone una visione poetica e misteriosa della vita.
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