L'ho visto con gli occhi di un clown


“Un uomo che non sa di essere un clown, non solo non è un artista, ma non capisce nulla della vita.”
Egon Friedell


“Ho bisogno di molta poca realtà.”
Heinrich Böll

      Questi tre brevi monologhi offrono uno sguardo intimo e sfaccettato sull'esperienza del clown, andando oltre la superficie del divertimento e della risata. Attraverso tre voci diverse, emerge (ancora) un ritratto complesso e profondamente umano. Il primo caratterizzato da malinconia celata dietro il sorriso dipinto, la consapevolezza della finzione e la sua funzione di specchio delle fragilità umane. Il secondo clown, pur riconoscendo l'abisso, sceglie la via dello stupore e della meraviglia, esponendo la propria anima con autenticità. L'ultimo, ispirato dall'immagine di un volto che si ritrae, esprime la stanchezza della performance, il desiderio di un momento di tregua e la lotta per preservare la propria umanità sotto lo sguardo invadente del pubblico. Insieme, questi monologhi esplorano il paradosso di quelle figure che, attraverso la finzione e l'esagerazione, ci mostrano verità profonde sulla condizione umana, oscillando tra la tristezza, la meraviglia e il bisogno di autenticità. Un altro tassello alla ricerca del ritratto perfetto, una sfida, lunga e accidentata, dalla quale solo pochi fotografi sono capaci di sottrarsi!

      Applausi. Risate. E poi silenzio. Ogni sera dipingo questo sorriso che non possiedo, mentre dentro di me cresce un oceano di malinconia. Le mie lacrime sono disegnate, immobili, quelle vere scorrono invisibili sotto la maschera. Ho imparato che il mondo preferisce la finzione alla verità. Così recito la gioia mentre conosco l'abisso. Le mie cadute fanno ridere, i miei inciampi divertono. Strano mestiere, trasformare la propria fragilità in spettacolo… Il mio cappello è un cielo capovolto, vuoto di stelle, le mie grosse scarpe pesano come macigni dopo anni di inutile cammino. Eppure in questo paradosso trovo la mia verità: specchio deformante dell'umanità. Nel mio volto triste tutti vedono qualcosa di sé, quella parte che nascondono con cura, spaventati dall'autenticità, equilibristi sul filo dell'apparenza. Forse l'unica sincerità è questa: accettare che la vita è sia tragedia che commedia, e riderne con occhi pieni di lacrime.

      Ti vedo, fratello delle ombre. Io conosco la luce, o almeno il suo abbaglio momentaneo. Mentre tu hai abbracciato il buio, io resto sospeso nell'attimo della scoperta, la bocca aperta come un bambino davanti al primo prodigio. Ho visto l'abisso anch'io, ma ho scelto di gridare invece che tacere. Le mie lacrime dipinte scorrono sulla stessa rotta delle tue, eppure io mi aggrappo ancora allo stupore, questa fragile zattera nel mare dell'indifferenza. Che privilegio essere nudi davanti al mondo! Mentre gli altri nascondono ogni fremito, noi esponiamo l'anima come una bandiera. La mia meraviglia è autentica quanto il tuo dolore. Siamo due facce della stessa moneta consumata, quella che il mondo lancia in aria per decidere se piangere o stupirsi. Mi chiedo se anche tu, dietro la tua tristezza, conservi ancora la capacità di stupirti. Forse siamo entrambi intrappolati nello stesso cerchio di gesso, tu nel tramonto, io nell'alba dello stesso giorno infinito. Mi hanno detto di spalancare gli occhi quando vorrei chiuderli, di mostrare meraviglia quando tutto crolla. Bugiardi e onesti, tu ed io, trasformiamo in arte il terrore di esistere. E in questo teatro d'ombre, chi è più saggio tra noi? Chi piange o chi si stupisce dell'eterno circo umano?

      Basta. Per un solo un momento, vorrei che non ci fosse più nessuno. Applausi, risate, obiettivi puntati su di me. Questo trucco, questa maschera… è diventata una prigione. La lacrima dipinta si è incisa sulla mia pelle, solco amaro che non si asciuga più. Vedono il clown, che inciampa, cade, fa le smorfie, ma chi indovina la stanchezza che piega le spalle, il peso di questa recita eterna? Il primo dice che siamo specchi deformanti. Il secondo che siamo nudi davanti al mondo. Ma a volte lo specchio si appanna e la nudità diventa imbarazzo. Vorrei solo un angolo buio dove poter spazzare via questo sorriso forzato, dove le mie vere lacrime possano scorrere senza essere interpretate come parte dello spettacolo. Forse il mio stupore è questo: che nonostante tutto, nonostante la fatica, la solitudine, lo sguardo invadente, io sia ancora qui. A ripararmi il volto non per nascondere la tristezza, ma per proteggere quel minuscolo, fragile germoglio di umanità che ancora pulsa sotto la maschera. Un attimo di tregua, prima che il sipario si alzi di nuovo e io debba tornare a essere qualcun altro.

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